Suicidio di una persona cara: come spiegarlo ai bambini?
La morte di una persona cara è qualcosa di estremamente doloroso. Quando viene a mancare una persona vicina, infatti, le emozioni che si possono provare sono tantissime e strazianti. Anche il motivo della morte, ad esempio, può influire sulle emozioni provate. Possono entrare in gioco, infatti, emozioni contrastanti se la persona è deceduta compiendo un gesto eroico (ad esempio, salvando altre vite), se è mancata all’improvviso per un incidente o dopo una lunga malattia. Ancora diverso se la persona è venuta a mancare per una scelta personale, ad esempio dopo un atto suicidario. Vivere il suicidio di una persona cara, infatti, non è semplice. Al contrario di altri tipi di morte, infatti, nel suicidio è la persona che sceglie di andarsene per sempre. E questo è intollerabile, sia per gli adulti che per i bambini.
Non è possibile spiegare a parole il dolore provato, perché è qualcosa che va oltre ogni possibile descrizione. E questa sofferenza, al contrario di ciò che si pensa, non riguarda solo gli adulti. Anche i bambini molto piccoli, infatti, vivono la morte del proprio caro come qualcosa di estremamente doloroso. Già in bambini di pochi mesi, infatti, si possono osservare risposte di stress dovute al trauma e reazioni di dolore. Questo dolore assume una complessità diversa quando la morte è causata da un evento che comporta uno stigma sociale, come un omicidio, un suicidio o altre situazione che possono attivare un giudizio morale.
E’ NECESSARIO SPIEGARE IL SUICIDIO DI UNA PERSONA CARA A UN BAMBINO?
Gli adulti che si trovano a vivere una situazione di tale portata spesso sono combattuti sul dire o meno la verità al bambino. Da una parte si vive il desiderio di raccontare la verità, dall’altra il vano tentativo di proteggerlo da una dolorosa realtà. E’ importante trovare un equilibrio tra questi due poli, coniugando il desiderio di proteggere i bambini e l’importanza di essere sinceri. I bambini, infatti, comprendono molto di più di quello che possiamo pensare. Il rischio, dunque, è che il piccolo colga che gli venga nascosto qualcosa. Oppure può ascoltare discorsi da altre persone. Spesso, una verità nascosta può causare difficoltà maggiori di una notizia terribile, ma comunicata nei tempi e nel modo corretto.
- CHI LO COMUNICA? E’ necessario che qualcuno si occupi di comunicare la notizia al bambino. Se la persona che ha deciso di togliersi la vita è il genitore del bambino, occorre capire se l’altro genitore se la sente di compiere questo ruolo. Nel caso così non fosse, la vicinanza fisica, anche silenziosa, può essere molto importante in questo momento. E’ comunque importante valutare ogni situazione specifica, anche in base alle risorse presenti nella famiglia e nel contesto sociale allargato.
- COSA COMUNICARE? Non è facile definire cosa può essere giusto o sbagliato dire. Anche perché non esiste una risposta giusta o sbagliata. Le ricerche mettono in evidenza che si può fornire ai bambini una duplice spiegazione. Ad esempio, si può spiegare ai piccoli che la persona scomparsa in quel momento non era in grado di sentire e pensare in modo sano. Oppure, è possibile comunicare al bambino che la persona di è danneggiata tanto da uccidersi. E’ importante, però, sottolineare ai bambini come esiste sempre una soluzione ai problemi ed è importante quando se ne sente il bisogno.
LA LIBERTA’ DEI BAMBINI DI FARE DOMANDE SUL SUICIDIO DI UNA PERSONA CARA
Spesso ci si preoccupa di non avere risposte alle domande dei bambini. In effetti, di fronte ad alcune situazioni non esistono risposte. Ma non è questo a creare problema. Le difficoltà, infatti, non nascono per le risposte che il bambino non avrà. E’ l’impossibilità di fare domande che è deleterio per i bambini. Per questo è importante, seppur difficile, non creare una congiura del silenzio che potrebbe portare a una vera e propria alienazione. I bambini, come gli adulti, hanno bisogno di esprimere le proprie emozioni e questo può essere possibile solo se è consentito dall’ambiente che lo circonda. Poter parlare, fare domande, piangere e arrabbiarsi è fondamentale per favorire l’elaborazione del lutto.
IL RUOLO DEGLI ADULTI NELLO SPIEGARE IL SUICIDIO DI UNA PERSONA CARA AD UN BAMBINO
Il ruolo di chi rimane in vita è estremente doloroso e pieno di responsabilità. Gli adulti possono rispondere al lutto causato da un suicidio con reazioni conflittuali e ambivalenti. La scelta della persona che ha deciso di togliersi la vita, infatti, può far sentire rifiutati e abbandonati. Chi sopravvive si sente addossato di tutte le responsabilità del presente e del futuro. Rabbia e senso di colpa si snodano in modo viscerale, creando sofferenza e dolore. A volte, inoltre, la vergogna per il gesto può comportare anche la chiusura della famiglia in sé stessa, che, in questo modo, può perdere il supporto fondamentale del contesto sociale allargato.
GLI EFFETTI DEL SUICIDIO DI UN GENITORE SU UN FIGLIO
Diversamente da altri tipi di perdite, il suicidio di una persona cara può lasciare sentimenti particolari, perché si sa che chi ha commesso il fatto ha scelto di morire. Anche i bambini lo sanno. La situazione diventa ancora più complessa quando il gesto suicidario è compiuto da un genitore. Come per gli adulti, anche i bambini possono sperimentare sentimenti contrastanti. Rabbia e sensi di colpa accompagnano il dolore lacerante per la perdita. Anche in questa situazione, spesso, non vi sono risposte: l’importante, però, è che si consente ai bambini di parlare e fare domande, favorendo, così, il processo di elaborazione del lutto. Vivere un’esperienza così dolorosa può comportare lo sviluppo di sentimenti di autosvalutazione e inadeguatezza. Spesso è presente l’angoscia di perdere anche l’altro genitore. I bambini, infatti, possono sembrare dei piccoli adulti e fare di tutto per proteggerli, diventando “il genitore del loro genitore”.