Inclusione a scuola: 5 punti chiave per una reale inclusione
Si sente spesso parlare di inclusione a scuola. E’ un tema centrale del sistema scolastico italiano, su cui spesso si sente dibattere. La scuola italiana, infatti, da più di 40 anni investe molto sull’integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Sulla carta l’Italia, anche rispetto ad altri Paesi, sembra aver fatto progressi in tema di inclusione a scuola. Ma il sistema funziona realmente? E’ possibile migliorare ulteriormente questo modello per renderlo veramente a misura di (ogni) bambino?
INCLUSIONE A SCUOLA: I PRIMI PASSI IN ITALIA
Come detto in precedenza, la scuola italiana da più di 40 anni si è attivata per l’inclusione dei bambini con disabilità all’interno del sistema scolastico. Da una parte 40 anni possono sembrare tanti. Dall’altra, però, fa un po’ effetto pensare che solo 50 anni fa (e forse anche meno) la situazione era molto diversa rispetto al tema dell’inclusione a scuola. Nemmeno troppo tempo fa, infatti, il bambino con disabilità non poteva accedere a nessun tipo di istruzione. I piccoli erano completamente esclusi da ogni intervento educativo. Senza ricordare il periodo in cui i piccoli con disabilità venivano abbandonati o peggio, la situazione anche solo durante il XIX secolo non era delle migliori. I bimbi, e di conseguenza gli adulti, con disabilità erano relegati all’emarginazione.
Poi, pian piano, qualcosa inizia a muoversi. Con gli ideale portati dalla Rivoluzione Francese, con la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino, inizia a tirare un’aria nuova. Iniziano a nascere le scuole speciali, dove i bambini potevano ricevere un’istruzione. Iniziano, altresì, a svilupparsi pensieri controcorrente, come quello di Maria Montessori, che studia l’esperienza quotidiana con i bimbi con disabilità grave. Integra corsi di pedagogia con la sua formazione in medicina (è stata la prima donna a laurearsi in medicina), per costruire il metodo migliore per supportare i bambini di cui si occupava.
L’attenzione al contesto proposta da Maria Montessori ben si sposa con le ricerche psicologiche degli anni ’70, in particolare modo quelle di Bronfenbrenner, che evidenziano il ruolo centrale dell’ambiente nello sviluppo di ognuno di noi. Il focus, dunque, si sposta dal soggetto al contesto.
INCLUSIONE A SCUOLA: DAGLI ANNI ’70 A OGGI
Gli anni ’70 sono anni cruciali per il tema dell’inclusione a scuola. Nel 1971, la legge 118 disponeva che l’istruzione dell’obbligo doveva avvenire nelle classi normali della scuola pubblica. Vengono, quindi, abolite le classi speciali, se non per casi di bimbi con disabilità particolarmente gravi. Il 1977, inoltre, è stato un altro anno di grande svolta, con l’introduzione della figura dell’insegnante di sostegno all’interno del sistema scolastico italiano.
Oggigiorno, la principale fonte normativa che riconosce i diritti alle persone con disabilità è la legge 104 del 5 febbraio del 1992. Si tratta della legge quadro per l’assistenza, l’integrazione scolastica e i diritti delle persone con disabilità. Con questa normativa, alla scuola viene riconosciuta la responsabilità di individuare le potenzialità di ciascun bimbo e di favorirne lo sviluppo, anche quando queste possono apparire limitate. La scuola deve, quindi, prevenire e combattere l’emarginazione, lavorando per l’inserimento in società di tutti gli individui. Si passa, così, pian piano, dal concetto di integrazione a quello di inclusione. Non è una rincorsa del piccolo ad adeguarsi alla vita scolastica della classe, ma una strutturazione di contesti educativi adeguati a ciascun bimbo.
INCLUSIONE A SCUOLA: QUALI SONO I PUNTI CHIAVE?
Una bellissima frase di Rousseau diceva “Per insegnare il latino a Giovannino non basta conoscere il latino, bisogna soprattutto conoscere Giovannino”. Questa frase vale per ogni bambino. Ancora di più, per i bambini che hanno abilità diverse. Per questo è importante che tutta la classe e tutto il team insegnanti conoscano la situazione specifica del piccolo. Sua, come di ogni altro bimbo della classe. E’ solo conoscendo il bambino, infatti, che ci si può attivare per promuovere una vera (e concreta) inclusione a scuola.
Ma quali sono i punti chiave che possono permettere una reale inclusione a scuola?
1. AMBIENTE
Partiamo dalla base. Una scuola inclusiva è una scuola accessibile a tutti. Con una organizzazione degli spazi e dei materiali a misura di ogni bambino che vi è in classe. E anche dei tempi. Ogni bambino, infatti, ha il diritto di restare a scuola come gli altri compagni. Sembra scontato, ma purtroppo non lo è.
2. INSEGNANTI
Ogni insegnante, sappiamo, ha piena responsabilità didattica ed educativa verso tutti gli alunni della sua classe. Anche questo aspetto sembra scontato ricordarlo, ma purtroppo non sempre è così.
3. INSEGNANTE DI SOSTEGNO
L’insegnante di sostegno non è l’insegnante del bambino. E’ l’insegnante dell’intera classe. Si tratta, infatti, di un insegnante specializzato assegnato alla classe del piccolo, non la bambino stesso. L’insegnante di sostegno è una risorsa preziosissima atta a rispondere alle necessità educative della classe con un bimbo con disabilità. Oggigiorno, rispetto alla figura dell’insegnante di sostegno si parla molto. Il sistema italiano, infatti, è ancora troppo lacunoso su questo aspetto. Purtroppo non sempre la figura del sostegno è realmente preparata a svolgere il complesso ruolo che si trova ad affrontare. E questo, purtroppo, rischia di oscurare il lavoro di tantissimi insegnanti di sostegno preparati e attenti al benessere della classe e del bambino.
4. LA CLASSE STESSA
Sembra scontato, ma è fondamentale coinvolgere la classe nel processo di inclusione. Come? Parlando con i bambini. Troppo spesso questo aspetto viene a mancare. Ci si nasconde dietro a frasi come “I bambini non vedono le differenze” oppure “Per i bambini non c’è nulla di strano”. Non è vero. Questo, forse, nasconde una difficoltà nostra, di adulti, ad affrontare certi argomenti. Spiegare le differenze individuali di ognuno è molto importante. Perché non è vero che siamo tutti uguali. Non dobbiamo annullare le differenze. Al contrario, dobbiamo valorizzarle. Ed è solo in questo modo che è possibile favorire una reale inclusione a scuola.
5. PROCESSO CONTINUO
Oggi ci sarà Giovannino. Dopo Lucia e dopodomani Marco. Si tratta di bambini tutti diversi tra loro. Diversi per la disabilità che portano, ma anche diversi come bambini. Solo la formazione continua può sostenere una reale inclusione a scuola. E processo continuo indica anche un attento e continuo monitoraggio su come procedono i lavori, sull’andamento della classe, sugli obiettivi raggiunti e su come fare a ottenere quelli ancora lontani. In somma, un continuo riaggiustamento. Anche mettendo in discussione quello che si è fatto fino ad ora.
INCLUSIONE A SCUOLA IN ITALIA: COME SIAMO MESSI?
Non so come siamo messi in Italia a quanto inclusione. Non sempre quello che vedo mi soddisfa pienamente. A volte non mi piace proprio. Altre volte, invece, rimango a bocca aperta per la capacità di una scuola ad essere realmente inclusiva. Penso che siamo a buona strada, ma c’è ancora molto da fare. Purtroppo sembra che, troppo spesso, molto dipenda dal singolo insegnante o dal team di lavoro. E, questo, non è assolutamente accettabile. Ogni bambino ha il diritto all’inclusione.