Educare alla gentilezza: come fare?
Di fronte ai valori predominanti proposti dalla nostra società, dove ognuno pensa principalmente a sé stesso, non è semplice educare alla gentilezza. La realizzazione personale, il successo, il guadagno economico spingono le persone a investire maggiormente sulla propria felicità, rischiando di mettere in secondo piano la gentilezza e la cura del prossimo. Dimenticando, spesso, che per essere sereni e felici con noi stessi, occorre il benessere dell’altro (e viceversa).
La gentilezza, dunque, sembra un valore a volte fuori moda. Spesso si da per scontata. A volte, ci si limita a insegnare a dire “grazie”, “prego” e “per piacere” senza, però, soffermarsi sul reale significato di queste parole. Senza realmente trasmettere che “grazie”, “prego” e “per piacere” sono sì parole gentili, ma che non devono essere dette tanto per dire. Non solo solo parole che devono essere dette per educazione. C’è di più. “Grazie”, “prego” e “per piacere” sono parole gentili, che fanno bene a noi stessi e agli altri. E’ bello dirle ed è altrettanto bello sentirsele dire.
Educare alla gentilezza, però, non è solo questo.
EDUCARE ALLA GENTILEZZA: COSA SIGNIFICA?
Cosa significa, dunque, educare alla gentilezza? Educare alla gentilezza è un processo complesso, continuo, che si costruisce nella quotidianità. Non si tratta solo di imparare alcune paroline gentili da dire in certe situazioni. Educare alla gentilezza, infatti, significa crescere bimbi gentili, rispettosi, di sé e degli altri.
Spesso, però, ci si domanda se ha senso in una società come quella odierna educare alla gentilezza. A volte si pensa che essere troppo gentili sia sinonimo di debolezza e fragilità. In realtà, la gentilezza è una delle caratteristiche principali delle persone forti e sagge, di chi non ha bisogno della violenza per imporsi e di chi non ha necessità di riversare sull’altro le proprie frustrazioni. Per essere autenticamente gentili occorre avere una buona autostima e una buona percezione di sé.
EDUCARE ALLA GENTILEZZA: COME FARE?
Come si può educare alla gentilezza bambini e ragazzi? Come è possibile aiutarli a diventare bimbi e, di conseguenza, adulti gentili? Ecco qualche suggerimento pratico.
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ESEMPIO
Non si educa alla gentilezza attraverso istruzioni. E’ poco funzionale dire “Si deve fare così”. E’ più utile, invece, praticare atti di gentilezza quotidiani, che da cui i bambini possono prendere esempio. Tante volte, infatti, presi dalla frenesia della quotidianità capita a tutti di essere poco garbati e rispondere male. Cercare, però, di essere adulti gentili offre ai bambini un modello da cui prendere ispirazione. Questo non significa, ovviamente, essere perfetti. Non significa non urlare mai o non perdere mai la pazienza. Significa, invece, cercare di essere autenticamente gentili e se ci si accorge di essersi comportati in maniera poco corretta, sia verso i bambini che verso altri adulti, parlarne insieme.
Educare alla gentilezza è un allenamento quotidiano. Più i bimbi hanno modo di vivere atteggiamenti rispettosi e cordiali, più saranno portati a replicarli, perché considerati la normalità. E’ importante che l’adulto offra l’esempio di comportamento gentile sia verso gli altri adulti, ma anche verso i bambini stessi. Essere trattati con gentilezza è il miglior modo per sperimentare quanto è importante essere gentili con gli altri.
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VALORIZZARE I COMPORTAMENTI GENTILI
Non è sempre facile imparare a essere gentili. Per questo è importante valorizzare i comportamenti rispettosi dei bambini. A scuola un bimbo divide la propria merenda con un compagno che l’ha dimenticata? Una ragazza lascia il posto sull’autobus a una persona che fatica a stare in piedi? Tutti comportamenti gentili che dovrebbero essere la normalità. Certo, tante volte si pensa che sia scontato che ci si debba comportare così e che non è necessario ogni volta rinforzare questi comportamenti nei bambini e nei ragazzi. Questo è vero, ma i bimbi sono in fase di crescita e stanno sperimentando il loro modo di essere, in relazione a sé stessi e al mondo chi li circonda.
Come quando viene adottato un comportamento scorretto è giusto far comprendere al bambino che quella cosa non è bene farla, allo stesso modo è giusto valorizzare i comportamenti adeguati. Può bastare uno sguardo di approvazione. Oppure, a volte, è importante anche complimentarsi esplicitamente per il comportamento che il piccolo ha scelto di adottare.
Molte volte si pensa che se ci complimentiamo con i bambini, questo fa in modo che i piccoli si comportino così solo per ottenere la nostra approvazione. Dopotutto essere gentili e compiere atti di questo tipo dovrebbe essere la quotidianità e non vi è nulla da premiare. Ci si è comportati come ci si deve comportare. In parte è vero, ma non dimentichiamoci che i bambini si stanno costruendo e aiutarli a capire che certi gesti sono veramente apprezzabili è molto importante. Questo non significa ripetere continuamente “bravo”. Al contrario, può essere maggiormente utile valorizzare quel comportamento con una frase del tipo “Sei stato davvero molto gentile a dividere la tua merenda”.
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PARLARE E CONFRONTARSI
Educare alla gentilezza significa anche confrontarsi su cosa significhi essere gentili e rispettosi. Ci si può confrontare su un evento di vita quotidiano, su un fatto di cronaca o qualcosa che ci riguarda in prima persona. Confrontarsi su cosa si potrebbe fare o su cosa avremmo fatto noi nella stessa situazione aiuta i bambini ad avvicinarsi alla gentilezza.
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EDUCAZIONE EMOTIVA
Essere gentili significa essere rispettosi si sé e degli altri. Parlare senza aggredire, confrontarsi senza litigare, discutere senza alzare le mani. Significa imparare a riconoscere e gestire le proprie emozioni, evitando che esse ricadano incontrollabilmente sull’altro. Se sono arrabbiato, ho tutto il diritto di essere arrabbiato. Allo stesso tempo, però, non posso rispondere male a tutti i compagni di classe. Imparare a riconoscere quello che sto vivendo e gestirlo al meglio è fondamentale per i bambini stessi e per gli altri.
Quando si parla di educazione alla gentilezza non è possibile non parlare di empatia. Imparare a mettersi nei panni dell’altro, e riconoscere come ci si può sentire promuove la gentilezza più di qualsiasi imposizione.
EDUCARE ALLA GENTILEZZA: L’AMORE PER SE’ STESSI E PER L’ALTRO
Tante volte si pensa che la gentilezza sia sinonimo di debolezza. Chi è gentile sembra che si sottometta all’altro, che ne sia succube. In realtà, è vero il contrario. Chi è realmente gentile, in maniera autentica, ha una buona stima di sé e del proprio valore come persona. Allo stesso tempo, la gentilezza promuove una buona autostima. Attraverso studi con risonanze magnetiche, ad esempio, si è osservato che quando compiamo un comportamento gentile vengono attivate nel cervello aree adibite alla ricompensa e al piacere, che promuovono sensazioni positive.
Educare alla gentilezza, dunque, è un dono per sé e per la comunità. Educare i bambini alla gentilezza porta altra gentilezza. E’ un dono per sé, ma aiuta a pensarsi in una prospettiva più grande. Al centro del mondo non c’è più il singolo, ma l’intera umanità.
DOTT.SSA ANNABELL SARPATO