Educazione emotiva al di là degli stereotipi di genere
Oggigiorno si sente spesso parlare di educazione emotiva. Oggi, forse più di ieri, c’è un interesse vivo nell’aiutare i bambini a imparare a riconoscere e gestire le proprie emozioni. Genitori e insegnanti sono sempre più attenti a offrire ai piccoli un alfabeto emotivo, che possa garantire loro serenità e benessere. Questo vale sia per i bambini che per le bambine. L’attenzione all’emotività riguarda entrambi. Spesso, però, non ci si rende conto che anche l’educazione emotiva che mettiamo in atto è costellata da pregiudizi e stereotipi. Troppo spesso, infatti, pronunciamo in maniera naturale frasi che sono ricche di pregiudizi. Per questo è importante un’educazione emotiva al di là degli stereotipi di genere, che possa educare bambini e bambine in quanto persone.
EDUCAZIONE EMOTIVA AL DI LÀ DEGLI STEREOTIPI DI GENERE: GLI ERRORI CHE TUTTI COMMETTIAMO
Quante volte, senza rendersi conto, scappano farsi come “Non fare la femminuccia” oppure “Sei proprio un maschiaccio“? Purtroppo, ancora troppo spesso. Molte volte, infatti, tendiamo ad accusare i bambini maschi per la loro sensibilità. Se un bambino, ad esempio, esprime la sua emozione piangendo, gli adulti tendono a “correggerlo”, evidenziando che non è così che deve fare. “Tu sei forte, non fare la femminuccia”, infatti, è una frase che molto spesso tendiamo a pronunciare.
Questo avviene nella quotidianità, a casa e in famiglia. Avviene, però, anche in contesti più formali, come a scuola e nelle società sportive. Anche il mondo mediatico fa riferimento a questi stereotipi. Basti pensare a come i messaggi pubblicitari, i cartoni animati e i giochi proposti ai bambini siano impregnati di pregiudizi legati al genere. E fa riflettere se pensiamo a come questi modelli influenzino la vita di bambine e bambini. Questi modelli, infatti, concorrono nello strutturare l’identità dei piccoli che, inevitabilmente, tenderanno ad adeguarsi agli esempi proposti.
I bambini maschi, secondo la cultura occidentale, devono rivestire un modello di potere, coraggio e forza. La componente emotiva, invece, è messa in secondo piano. L’area emotiva è destinata alle bambine. Le femmine sono più emotive e sensibili, si pensa. Donne che, fin da piccole, sono abituate a coltivare la calma e la pazienza, l’attenzione alle emozioni, al prendersi cura. Per questo, bambine che prediligono giochi di movimento e modalità maggiormente fisiche vengono subito reguardite con frasi del tipo “Non fare il maschiaccio”.
EDUCAZIONE EMOTIVA AL DI LÀ DEGLI STEREOTIPI DI GENERE PER EVITARE INSEGNAMENTI PERICOLOSI
Frasi apparentemente banali che, però, possono diventare estremamente pericolose. Insegnare ai bambini che alcune emozioni possono essere espresse, mentre altre no, infatti, rischia di confondere il bambino. Dire “Non piangere” insegna ai bambini che quella non è la modalità adatta per esprimere quell’emozione. Allo stesso tempo, però, non suggerisce quale può essere il modo più funzionale (o meglio dire, culturalmente concesso). Il bambino, quindi, si sentirà sbagliato. Ciò che fa, infatti, non va bene.
Quale modalità consiglia, a livello culturale, la nostra società per i bambini che, ad esempio, sono tristi? Di fronte alla forza della tristezza, i bambini, spesso, hanno solo un’unica soluzione. Possono esplodere, urlare, aggredire e picchiare. Possono tenere il muso o rispondere male. Rispetto a piangere, quella è una manifestazione emotiva più socialmente accettata per un bambino maschio. Esprimere la tristezza in agiti di forte rabbia distruttiva è uno dei più gravi problemi della nostra società. E’ più accettato che un bambino dia uno spintone piuttosto che si metta a piangere. Il bambino, così, trova una modalità socialmente più accettata e verrà rinforzato nelle sue manifestazioni. Può essere un’aggressività rivolta verso l’esterno, con comportamenti esternalizzati, oppure verso l’interno, con comportamenti di tipo internalizzato.
Al pari della tristezza, anche la paura non viene tollerata. I bambini devono essere coraggiosi. Non devono avere paura. Tante volte mi capita di lavorare con bambini che mi dicono “Io non ho paura di niente”. Come se fosse un vanto, una prova della loro grande forza. In realtà, però, questo è molto pericoloso. Non sentirsi legittimati nel poter provare paura porta il bambino a reprimere l’emozione, creando disagio e sofferenza. L’emozione, però, non si elimina, ma si reprime. Ovviamente essa troverà altre modalità di espressione, culturalmente tollerati.
LE BAMBINE SONO PIU’ EMOTIVE? EDUCAZIONE EMOTIVA AL DI LÀ DEGLI STEREOTIPI DI GENERE
Al contrario dei bambini, alle bambine è permesso (anzi consigliato) essere emotive. Le bimbe devono essere sensibili e pazienti. “Ormai sei una donnina” è un frase molto diffusa nel nostro panorama culturale. Dalle femmine ci si aspetta accoglienza e sensibilità. Alle bambine il coraggio non viene legittimato quale qualità da coltivare. Le bambine se si sentono tristi possono piangere. Se hanno paura possono dirlo. E, in realtà, spesso, non ci si fa neppure più caso, perché comunque “sono bambine” e sono troppo sensibili e se la prendono per nulla.
La rabbia nelle bambine, al contrario, spaventa se viene manifestata in maniera troppo esplosiva. Una bambina che non cerca di mediare, ma che risponde alla sua rabbia agendo in maniera aggressiva allarma genitori e insegnanti. Giustamente allarma, perché occorre insegnare a quella bimba che non è la modalità più funzionale per gestire la propria emozione. Ma allarma di più che se lo facessi un bambino. Se ci riflettiamo, inconsapevolmente, questa forma mentis è parte di noi e del nostro retaggio culturale.
PREVENIRE LA VIOLENZA CON UNA EDUCAZIONE EMOTIVA AL DI LÀ DEGLI STEREOTIPI DI GENERE
La presenza di stereotipi di genere all’interno della nostra società è molto pericoloso. I bambini strutturano la loro identità sulla base dei modelli che offriamo loro, ancor prima della loro nascita.
Una educazione emotiva aldilà degli stereotipi di genere può determinare il benessere dei nostri bambini e delle nostre bambine. Non saper riconoscere le proprie emozioni e fare fatica a gestirle in maniera adeguata, infatti, può essere davvero molto rischioso. Basti pensare ai continui episodi di violenza a cui assistiamo quotidianamente. Anche in questi casi, l’incapacità di leggere le proprie emozioni e di saperle gestire, porta a estremi atti di violenza distruttiva, in grado di sfociare in delitti mostruosi. La difficoltà a distinguere una profonda tristezza e disperazione, ad esempio, dalla rabbia ne è un esempio. Ma anche l’impossibilità di dire basta di fronte a certi comportamenti, perchè il ruolo femminile richiede pazienza e comprensione. Da sempre la donna è stata soggetta a questa forma mentis culturale. E se questi discorsi sembrano scontati, in realtà non lo sono. Basti osservare i commenti e le riflessioni di fronte a molte tragedie.
Un’educazione emotiva aldilà degli stereotipi di genere è fondamentale per educare al rispetto di sè stessi e degli altri, dei propri e altri vissuti. E’ l’unico modo che abbiamo per contrastare l’ondata di violenza a cui tutti i giorni assistiamo.
Gli adulti hanno un ruolo centrale in questo. Ognuno di noi, in quanto adulto, non può esimersi da impegnarsi in questo. L’educazione emotiva al di là degli stereotipi è un bisogno della nostra società e dei nostri bambini perché, come diceva Maria Montessori “Il bambino è il padre dell’uomo”.
DOTT.SSA ANNABELL SARPATO